Introduzione
Antonino Cardillo
Nel 1824, lo studioso di antichità Jakob Ignaz Hittorff scoprì in Sicilia alcune tracce di colore su di un piccolo tempio, tra le rovine dell’antica città di Selinunte.[1] Così, ipotizzò che i templi greci non dovevano essere stati bianchi. Sino ad allora, la società europea aveva proiettato sul pregiudizio storico della purezza greca, la legittimità del proprio agire nel mondo. Questo fenomeno di immedesimazione persiste ancora oggi, ma questa istanza di purezza non proviene da un passato ‘classico’, come vorrebbe far credere chi ‘usa’ la storia per legittimare il proprio operato, ma è una conseguenza della civiltà delle macchine. Una conseguenza di quella interpretazione scientifica del mondo che trova rappresentazione nel gabinetto di scienza del Secolo dei Lumi. Ciò rivela la natura del problema: l’istanza civilizzatrice europea, che pervade ancora a tutt’oggi larga parte delle sue ex-colonie, è fondata sul primato della funzione psicologica del Pensiero. Così, nell’inverare quell’ideale di purezza che culmina nell’assolutismo del bianco, l’architettura moderna rivela il modello comportamentale (pattern of behaviour) che la muove.[2] La policromia, invece, parla della natura inclusiva del ‘classico’. Il colore riferisce alle cose del mondo: il mare, la terra, la foresta, il fuoco e il cielo. Il colore possiede il potere dell’evocazione: in sequenza e nelle associazioni, la policromia rende possibile il linguaggio universale dell’architettura.
Testo pubblicato per la prima volta in Heinze ArchitekTOUR Kongress, STATION-Berlin, Berlino, 23 nov. 2017.
Note
- ^ Jakob Ignaz Hittorff, Restitution du Temple d’Empédocle a Sélinonte, ou l’Architecture Polychrôme chez les Grecs.,[↗] Librairie de Firmin Didot Frères, Parigi, 1851.
- ^ Carl Gustav Jung, Psychologische Typen,[↗] Rascher & Cie. Editore, Zurigo, 1921; ed. it., Tipi Psicologici, Bollati Boringhieri, Torino, 2016.