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Der Spiegel
L’architettura moderna è quasi impensabile senza programmi per computer; gli architetti progettano edifici sullo schermo e presentano rappresentazioni animate dei loro progetti a concorsi. Il giovane architetto italiano Antonino Cardillo ha sfruttato il fatto che finzione e realtà sono sempre più indistinguibili. Der Spiegel ha scoperto che Cardillo aveva inviato immagini di edifici presumibilmente costruiti a riviste di architettura, creando l’illusione che le case fossero realmente state costruite. Tuttavia, queste esistevano solo virtualmente. Alcune riviste specializzate sono cadute nel tranello e hanno pubblicato i rendering [immagini generate al computer]. La redattrice Susanne Beyer ha visitato Cardillo a Roma e ha raccolto la sua confessione. “Sì”, ha ammesso l’architetto, “l’ho fatto; non vedevo altra possibilità per diventare noto.” L’inganno è stato inizialmente premiato: tre anni fa, la rivista Wallpaper* ha inserito Cardillo nella lista dei 30 giovani architetti più importanti del mondo.
Rovine romane
Susanne Beyer
Un giovane architetto italiano viene lodato su riviste internazionali per le sue opere. È stato prematuro. La storia di una messa in scena quasi riuscita.
Quando Felix Krull era giovane, pensò a lungo se dovesse vedere il mondo piccolo o grande. Secondo la sua “natura”, nella sua vita successiva “considerò il mondo una grande ed infinitamente allettante apparizione”. Divenne il più felice impostore della storia letteraria. Il romanzo di Thomas Mann Le Confessioni del Cavaliere d’Industria Felix Krull è anche una parodia dell’essere artista. Poiché l’artista, così pensava Mann, è sempre anche un millantatore. Il suo talento – inizialmente solo un’affermazione.
Felix Krull era cortese, affascinante ed elegante. E, sì, anche bellissimo. Donne ed uomini ne erano sedotti, trovando piacere nell’essere ingannati. E, come suo padre, il produttore di spumante “Loreley Extra Cuvée”, Felix Krull amava la comodità, il suo mondo era fatto di “tende leggere” e del campanello che suonava Freuet euch des Lebens [J. Strauss II, Godetevi la vita]. Felix Krull è la leggerezza.
Ma per Thomas Mann fu difficile creare il Felix Krull. Lavorò al romanzo per 50 anni, che poi rimase incompiuto. A volte la letteratura si ferma. Ed a volte la realtà è più inventiva.
L’architetto Antonino Cardillo è stato scelto tre anni fa da Wallpaper, una delle principali riviste di architettura e design, come uno dei trenta giovani architetti più importanti del mondo.
Da allora, è molto presente anche in altre riviste. Il periodico build lo ha intervistato chiedendogli se fosse difficile comunicare con i clienti riguardo alle “qualità futuristiche dei suoi progetti.” [Il volume] Houses ha presentato l’opera di Cardillo Ellipse 1501 “completata nel 2007”: “Vicino ad una collina rocciosa, dietro una pineta, appare una casa a forma di torre”. Un talento così lo si vorrebbe certamente conoscere.
Chi cerca il talentuoso signor Cardillo su Internet trova la sua homepage. Vi è scritto che è nato in Sicilia; che ha insegnato a Londra, al Chelsea College of Art and Design; che collabora con il Victoria and Albert Museum di Londra. È visibile anche una sua foto, un bell’uomo, intorno ai trentacinque anni. “Attivo in tutto il mondo”, si legge.
E molte case sono presentate dal signor Cardillo su questa homepage, riuscite, espressive, imponenti. Alcune, secondo quanto dichiarato, si trovano in Italia ed altre in Spagna o Australia. Solo i committenti rimangono nascosti, naturalmente, sono case private. Il fotografo di tutte queste immagini ad alta risoluzione è sempre lo stesso: il talentuoso signor Cardillo.
Seguire le tracce di Cardillo nella realtà non è così semplice. Chi invia un’e-mail al Chelsea College of Art and Design di Londra per chiedere informazioni sulla sua attività didattica riceve una risposta cordiale. “Non abbiamo nessuno che si ricordi di lui. Qui insegnano molti docenti, alcuni rimangono solo per poche ore. Forse sarebbe meglio contattare direttamente Antonino Cardillo?”
Ottima idea. Il suo indirizzo e-mail è sulla sua homepage. Sarà disposto a rilasciare un’intervista su di sé e sul suo lavoro? La risposta arriva ventitrè minuti dopo: “Sì”. Sarà possibile visitarlo a Roma, nel suo ufficio? Ancora una volta risponde rapidamente: non ha un ufficio vero e proprio, ma un incontro in un caffè di fronte al Colosseo è possibile.
Alcuni giorni dopo scrive nuovamente: ha progettato un appartamento per un amico a Roma e l’amico gli ha offerto di fare l’intervista lì.
È più difficile ottenere appuntamenti con altri architetti “attivi a livello mondiale”. Rispondono gli assistenti. Cardillo scrive personalmente, in modo semplice e gentile.
L’appartamento è situato sopra il quartiere di Trastevere su una collina. Antonino Cardillo apre la porta, che piacere, nessun assistente che interrompe di continuo. Cardillo sembra davvero fantastico, gli occhi guardano malinconici. Invita ad entrare nell’appartamento, cortesemente, con un leggero cenno del capo.
Due minuscoli locali, cucina e bagno. Il bel signor Cardillo offre una visita guidata, naturalmente volentieri, non richiede molto tempo.
Molte pareti fungono anche da armadi – effettivamente. Ad un armadio nella camera da letto, invece delle maniglie, sono attaccate delle corde. Cardillo dice che il nuovo e l’antico si fondono in quest’abitazione “senza dramma”, senza tensioni. Ha riflettuto molto sulla luce e l’ombra. Indica i tubi al neon [fluorescenti]. I tubi al neon emanano luce al neon. Eccezionale. Costano nove euro ciascuno nel negozio di bricolage.
Ci invita nel soggiorno. Qui c’è un tavolo graziosamente laccato da una carta da parati blu. Il signor Cardillo parla sottovoce, ma è sicuro di ciò che dice.
Per lui, la storia dell’architettura è fondamentale, sottolinea. Tuttavia, nel costruire, non citerebbe mai esplicitamente epoche passate, come hanno fatto gli architetti del postmodernismo; devono essere citazioni astratte, con le camere di luce, ad esempio, è possibile fare riferimento al barocco. Esteticamente, considera il postmodernismo fuorviante, e rimane deluso anche dallo sviluppo di altri architetti, come il decostruttivista Frank O. Gehry. Negli anni Ottanta, Gehry aveva progettato edifici scultorei magnifici, poi ha assunto troppe persone e la sua architettura è diventata omologata.
È piacevole ascoltare il signor Cardillo, che non ha assunto nessuno. Un tubo al neon sfarfalla, forse dovrà essere sostituito presto. Il soggiorno qui è grazioso, ma piccolo. Le case del signor Cardillo su Internet appaiono diverse. Ampie, alte, maestose.
La rivista H.O.M.E. ha pubblicato un articolo di undici pagine su uno di questi magnifici edifici. “Una casa come una danza”, si legge, “circondata da campi”. “Il giovane architetto italiano Antonino Cardillo ha costruito vicino a Barcellona la House of Convexities” – “Flamenco scolpito nella pietra”.
Anche in questo articolo viene menzionato l’aspetto dell’architetto: “meraviglioso”. Il nome del committente non è indicato, ma si apprende che è un compositore – “con un grande interesse per la musica mediterranea”.
Anche qui nell’appartamento a Roma, la musica suona dolcemente. Ad un certo punto, è passata un’ora ed è arrivato il momento della prossima domanda. Il signor Cardillo guarda il piano del tavolo.
“Sul suo sito web è difficile distinguere quali dei suoi progetti sono stati realmente realizzati?”
Cardillo beve un sorso d’acqua. Guarda ancora il piano del tavolo. Poi sorride e dice: “Ho agito come i suprematisti, i futuristi. Sa, sono arrivato qui a Roma senza contatti, ma volevo realizzare le mie idee.” Antonino Cardillo ora esita. È la prima volta. Alza lo sguardo dal tavolo. Fa caldo, il calore della città è percepibile anche qui sulla collina. Poi lo dice: “Beh, queste case non esistono. Solo una in Giappone. Ma le altre sono immagini al computer.”
Signor Cardillo, come mai nelle riviste sembra che le case esistano davvero?
“Ho lasciato che ci credessero. I contatti personali sono stati rari. Molte cose sono avvenute tramite Internet, tramite chat. E, sì, ho inventato parte delle informazioni. Le riviste vogliono pubblicare progetti realizzati. Io volevo comunque mostrare come immagino le case. Perché un’idea dovrebbe andare perduta solo perché non c’è un committente?”
Avrebbe potuto partecipare a dei concorsi.
“Senza contatti?”, chiede. “E se ci fossi riuscito, sarebbero venuti fuori dei compromessi.”
Aggiunge che non si sente completamente a suo agio con tutto questo.
“Consideri il tutto come un racconto letterario”, dice ora il signor Cardillo, “una fiaba. In questo caso non è importante che le cose siano effettivamente accadute. È importante portare un’idea nel mondo. E ha funzionato, ora ricevo incarichi. La casa in Giappone, il negozio a Milano di Sergio Rossi che vede sul mio sito web, esistono veramente.”
Ma di cosa ha vissuto durante tutti questi anni?
A ciò non risponde, ed invece riprende a parlare della modernità, del futurismo, del postmodernismo.
Di qualcosa dovrà pur aver vissuto? Cardillo sorride di nuovo. Ora è rapido, sembra quasi sollevato. “Ho scritto tesi di dottorato.” Aggiunge: “Ho aiutato altre persone a scrivere tesi di dottorato.”
Dopo la confessione, Cardillo è esausto. È sera. Ha parlato per due ore. Spegne la luce nell’appartamento non suo e si dirige verso la città. Il poeta Friedrich Hebbel scrisse su Roma: “Alla luce del crepuscolo lunare amo contemplare / le rovine sgretolate della città eterna / che ci servono da misura per la sua grandezza, / affinché l’uomo impari a misurare sé stesso.”
Thomas Mann immaginò Felix Krull come un Narciso, che cerca i riflessi di sé stesso e sfugge alle sofferenze del confronto con la realtà. Antonino Cardillo dice di sé che le case, che ha ideato per sé stesso, siano in qualche modo dei riflessi. Una volta, guardando le immagini, ebbe uno spavento. “Fu come se guardassi nel mio stesso abisso.”