Lettura
Paolo Maria Noseda
A Roma, fra Villa Borghese e Via Veneto, la House of Dust disegnata da Antonino Cardillo riassume la filosofia di vita e il pensiero sull’architettura del suo autore.
Antonino Cardillo, siciliano, è un giovane architetto itinerante. Vivere il cyberspazio rende obsoleto possedere una sede fisica, ma richiede costante apprendimento, curioso e profondo, per combattere l’omologazione e la fossilizzazione del linguaggio. Un progetto deve essere nutrito, giorno dopo giorno, con presenza. Cardillo filtra culture e tradizioni che divengono nei suoi edifici lievi suggerimenti, interpretabili da ciascuno a seconda del proprio stato d’animo e della propria sensibilità.
Un ingresso laterale svela un salone che, come una maschera greca improvvisamente indossata dal visitatore, proietta e attira l’attenzione su due finestre rastremate: un paio di occhi sul mondo. Teatro interno al teatro della vita attraverso la polvere, metafora di viaggi e terre lontane, impercettibile elemento unificante fra spazio e tempo. Goethe disse che occorre riconoscere ciò che altri possedettero prima di acquisire consapevolezza di ciò che si possiede. Ed ecco che, su un tappeto di legno che diviene palcoscenico, va in scena la vita.
Costruire un ambiente domestico richiede tempo e amore. Gli altri sapranno ricomporre immagini e traduzioni che aiuteranno a liberare aspetti dell’opera altrimenti nascosti, come quando Schoenberg, preoccupato delle critiche alla sua musica, disse che la routine induce alla fallacità dell’abitudine. La bellezza preesiste dentro la mente e il cuore. Oltre la luce, occorre saper vedere nelle tenebre, come Tiresia. Eleganza, e non una sua tragica parodia. Architettura che respira luce, che trascende il tempo e che è musica, interazione e proiezione dei molti futuri che ci attendono.
Antonino Cardillo, House of Dust [Casa della Polvere], Roma, 2013. Fotografia: Antonino Cardillo