Lettura
Lucia Barbara Galli
L’Off Club, un cosmopolitan hub di quattrocento metri quadrati, con sviluppo su tre piani, inaugurato a dicembre dello scorso anno nel quartiere di Casal Bertone, zona est di Roma, è l’ultima realizzazione dell’architetto siciliano Antonino Cardillo.[1]
Nel configurare questo supper club e renderlo un luogo elettivo ed identificabile nella scena urbana, Cardillo punta sull’astrazione attraverso un gioco di citazioni e rimandi ad archetipi dell’immaginario architettonico riconoscibili dall’osservatore/spettatore. Nel descrivere l’Off Club lo stesso autore afferma che il suo intento è stato quello di riunire in unico ambiente il piano della tattilità a quello intuitivo, continuando così una sua personale ricerca sulle immagini primordiali e sui Psychologische Typen di Jung, cominciata già prima di realizzare la sua House of Dust a Roma nel 2012.
E l’attenzione ad evocare la percezione tattile dei vari elementi compositivi si legge non solo nella lavorazione del soffitto, la cui texture granulosa[2] – quasi una firma d’autore che si ritrova in sue precedenti realizzazioni, come la Casa della Polvere, sopra citata, e lo Specus Corallii – ma anche nel trattamento del pavimento, che simula un piano d’acqua riflettente, e dei due massicci monoliti neri, intagliati da archi allungati, la cui funzione di schermo/accesso all’area del nucleo centrale del locale, viene accentuata dal rivestimento in rame che caratterizza i lunghi profili interni degli archi.
E con la stessa finalità di enfatizzare il contrasto tra trame e materiali, al centro del soffitto dalla consistenza sabbiosa, fatta di ruvidi granelli dal colore dell’oro grezzo (la “volta delle ombre dorate” come la descrive il suo autore), viene realizzato un incavo ellittico di smalto lucido, di nuovo riflettente, una “laguna nera” che rimarca ed individua il fulcro centrale del locale.
Intorno a questo fulcro, un unico volume geometricamente definito contiene i due spazi destinati a bar, ripartiti grazie ad un raumplan di circa sei metri di altezza in cocktail bar/mixology al piano superiore, bar sushi al piano inferiore, entrambi aperti sui lati opposti del locale.
Al piano ancora inferiore vengono collocati gli spazi di servizio – le cucine ed i locali riservati al personale – a cui è stata dedicata la stessa cura dei dettagli utilizzata per gli spazi destinati al pubblico.
I due spazi bar, identificati da due banconi di granito nero lucido, di lunghezza pari a sette metri, quasi due altari, ripropongono nella loro composizione rapporti tra forme e spazi di antiche ritualità. Contribuiscono a restituire questa percezione i due monoliti che sostituiscono idealmente la struttura divisoria presente tra presbitero e navate nell’architettura ecclesiastica (iconòstasi), e che, con le loro aperture, creano tagli prospettici sul fulcro centrale del locale.
Qui il richiamo all’archetipo è forte; è l’archetipo inteso come esigenza di tornare all’origine delle cose di un dato elemento architettonico, liberato da successive interpretazioni e restituito come contenuto di conoscenza comune.
Con la finalità di trovare “una conciliazione tra sintassi antiche e moderne” e per rimarcare la simmetria dell’impianto, Cardillo utilizza poi a livello figurativo una serie di simboli – archi, rombi, triangoli e dischi – evocando così una dimensione misterica.
La lettura di questi simboli è filtrata, nella sala di ingresso, dalla presenza dei due monoliti che nelle loro forme, a chi scrive, ricordano le suggestioni metafisiche dell’opera di De Chirico.
Il progetto dell’Off Club è fin troppo denso di citazioni e rimandi: come ci dice il suo autore dal cinema di Kubrick e De Palma, al distretto Art Decò di Miami, dalle illusioni ottiche di Escher alle iconostasi delle chiese bizantine, fino ai paraventi giapponesi. In questo alternarsi di illusione e realtà è possibile leggere anche il profilo dell’autore che come riportano le cronache dal web viene riconosciuto come: “uno dei migliori architetti italiani, forse fra i migliori del mondo”, o anche: “un architetto che si è meritatamente guadagnato l’attenzione della critica internazionale” al punto da essere inserito, dalla rivista londinese Wallpaper*, tra i 30 giovani architetti più importanti al mondo.
Simili affermazioni non possono che incuriosire, ma questo è un aspetto che attiene alla spettacolarizzazione dell’architettura e non solo. Ma partiamo dall’inizio: nel 2007 la rivista The Cool Hunter pubblicò il progetto della Ellipse House dell’Architetto Cardillo, e nel 2010 la rivista H.O.M.E. dedicò un lungo articolo alla sua House of Convexities; in entrambi gli articoli si dava per implicito che queste opere fossero state realmente costruite. Precedentemente Cardillo aveva pubblicato una serie di progetti (Case per Nessuno[3]), ideati tra il 2007 ed il 2011, come architetture immaginarie, i cui rendering fotorealistici creavano illusioni perfette al punto da essere confuse con realtà costruite; in assenza di un attento controllo giornalistico quei rendering erano stati scambiati per immagini reali.
Dallo scandalo giornalistico generatosi (vedi Der Spiegel, n. 27/2012) e dal successivo dibattito sviluppatosi in Germania ed in Italia sul rapporto tra immagine e costruzione, si avvalorava in seguito l’interpretazione che quelle immagini in realtà sottolineavano, da un lato, il potere dell’artista che infrange le regole stabilite nel nome dell’arte,[4] e dall’altro, l’impossibilità per un giovane architetto, senza esperienza, di ottenere la visibilità necessaria per ricevere eventuali incarichi.
In realtà l’architetto Cardillo, già nell’aprile del 2010, era stato incaricato tramite la rivista Wallpaper*, del progetto per il negozio “Sergio Rossi” a Milano, e nel 2012, del progetto della Casa della Polvere, opera poi esposta alla XXI Triennale di Milano. Anche da qui parte il successo di Antonino Cardillo che ha saputo fare di un gioco di illusioni, realtà.
Antonino Cardillo, Off Club, Roma, 2018. Fotografia: Antonino Cardillo
Note
- ^ Laureatosi all’Università di Palermo ha tenuto lezioni presso l’Architectural Association e Royal College of Art di Londra; le sue opere sono state esposte presso la Casa Museo di Sir John Soane, il Museo Tedesco di Architettura di Francoforte ed alla Triennale di Milano.
- ^ Ottenuta miscelando in opera calce, sabbia e polvere di pozzolana.
- ^ Della serie ‘Case per Nessuno’ fanno parte sette progetti : Casa 1501 Ellisse; Casa Voltata; Casa delle Convessità; Casa di Max; Casa della Luna di Cemento; Casa dei Dodici; Casa Porpora.
- ^ Nell’articolo del Der Spiegel (n. 27 del 2012) l’Architetto Cardillo spiega così la sua posizione: “Perché un’idea dovrebbe andare perduta, solo perché non esiste un committente?” – “Lo veda semplicemente come un racconto letterario, una favola. Nella quale non è così importante che le cose siano davvero accadute. È importante far nascere un’idea. Ed ha funzionato, nel frattempo ho ricevuto incarichi.”