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Spazio emotivo

Bangkok, 


Jakkrit Angsutti intervista Antonino Cardillo per la rivista B1




B1 Magazine 15



Intervista

, con Jakkrit Angsutti


Antonino Cardillo… forse hai già familiarità con questo nome italiano, poiché alcune delle sue opere sono recentemente apparse nelle nostre pagine. Ora è il momento di sedersi ed ascoltare ciò che ha da dire. Conosci l’architetto che una volta era un fan di Frank Lloyd Wright, ora ancora affascinato dal tema della residenza, e che crede sia possibile valutare un architetto da una sola casa. Questo è il giovane architetto energico che crede nel potere della storia dell’umanità, dell’amore, della luce solare e della musica!


JA: “Potresti provare a descrivere il tipo e la gamma di architettura che progetti?”

AC: “Quando studiavo all’università, ero innamorato dell’architettura di Frank Lloyd Wright. Ero pazzo di lui. Ora non sono più così sicuro di quel linguaggio, ma sono ancora affascinato dal tema della residenza. Dal mio punto di vista, la singola casa è un indicatore con cui valutare un architetto. Ad esempio, credo che le opere più ispiratrici di Frank Gehry siano le case che ha costruito a Los Angeles negli anni ’80, e la Schnabel House è la mia preferita. Infine, su una scala piccola e privata, è possibile liberarsi della pressione economica che spesso spinge il design verso pericolose strade di marketing.”


JA: “Come riassumeresti il tuo approccio al design?”

AC: “Progetto case per clienti che amano vivere la loro vita in spazi contemplativi, che esprimono il mio punto di vista personale sulla storia e sul nostro mondo. Ma so bene che le mie case non sono per tutti. Le mie architetture richiedono un modo diverso di abitare la casa, forse un modo più evoluto di vivere la vita del presente: più estetico, frugale ed anche poetico. Pertanto, nella mia casa le interazioni con eventi ambientali come il sole, la pioggia, il vento ed i suoni sono più importanti degli oggetti o dei mobili. Dal mio punto di vista, una casa del presente non dovrebbe essere una collezione di vari oggetti. Ma se sei una vittima della moda, credo che tutto questo non faccia per te. Mi piace pensare che l’architettura sia come la musica che, quando è in equilibrio, non necessita di altro.”


JA: “Puoi descrivere il tuo processo di progettazione dall’idea alla presentazione?”

AC: “Credo che le mie architetture nascano da una fusione di diversi frammenti visti o sentiti in vari luoghi. Rappresentano il mio commento personale o interpretazione della realtà. Di solito, inizio a lavorare su un progetto e durante il processo, in un momento imprevedibile, qualcosa accade nella mia mente e l’idea emerge. Quasi certamente non è un processo razionale o logico e credo che, per poter catturare questo processo irrazionale di sintesi formato dalla mente, sia molto importante restare rilassati ed aperti. Così amo trarre ispirazione uscendo dal mio ufficio. Preferisco pensare perdendomi tra i labirinti dell’antica Roma, analizzando la luce solare che cambia gli spazi. Di solito, le migliori idee mi vengono quando respiro in un bel luogo.”

JA: “Quale dei tuoi progetti di design ti piace di più? Perché?”

AC: “L’ultimo. Attualmente sto lavorando su una casa a Melbourne. Ispirato dalle composizioni di John Foxx sui paesaggi sonori riverberanti, sto cercando di creare uno spazio acustico, dove la luce solare riverbera all’interno come il suono può riverberare all’interno di uno strumento musicale. Per farlo, sto anche fondendo diversi concetti precedenti che ho elaborato per altre mie residenze.”


JA: “Cosa o chi ha influenzato maggiormente il tuo lavoro?”

AC: “La storia dell’umanità. Amo la storia e credo anche che per diventare un architetto interessante sia preferibile conoscere bene il passato. Senza memoria è impossibile costruire un presente o un futuro credibile. Il rischio più grave per il nostro presente è ripetere il recente passato in un ciclo di banalità. Penso che l’incapacità di seguire nuove direzioni derivi dall’ignoranza della storia.”


JA: “Quali emozioni e necessità umane guidano il tuo design?”

AC: “L’amore. Potrebbe sembrare un po’ sciocco od ovvio, ma in questa nostra epoca altamente sofisticata credo che l’amore sia la vera connessione positiva che può far avanzare il mondo. Questo è particolarmente vero per l’architettura. Quando posizioni diverse non solo si incontrano, ma si amano, allora nascono nuovi linguaggi. Seguendo questo percorso potrei dire che l’architettura più fertile del passato è sempre stata un atto gigantesco e sessualmente emozionale tra culture diverse: quindi un grande architetto dovrebbe essere sempre un grande amante.”


JA: “Il tuo lavoro è una dichiarazione individuale o una soluzione di gruppo?”

AC: “Nella prima fase è individuale. Ho bisogno di silenzio e solitudine per creare. In seguito, durante il lavoro, sono supportato da vari consulenti locali.”


JA: “Quanto sono importanti le tendenze nel tuo lavoro?”

AC: “Di pochissima importanza. Sono più interessato alle idee permanenti che alle tendenze momentanee.”


JA: “Secondo te, dov’è l’architettura oggi e quale sarebbe una buona architettura per il mondo del futuro?”

AC: “Credo che l’architettura contemporanea tenda a diventare ordinaria. Se si confrontano le produzioni musicali ed architettoniche si può vedere la differenza. La musica contemporanea è in grado di ibridare culture diverse creando molti linguaggi originali. Purtroppo questo non accade nell’architettura. Forse perché l’architettura deriva da un imponente processo economico ed il denaro elimina le ambizioni artistiche. Codesti progetti contemporanei sembrano sempre più un già visto.”


JA: “Quali elementi del processo di design trovi particolarmente frustranti?”

AC: “Progettare in Italia. È frustrante perché di solito le persone non comprendono il design contemporaneo. Preferisco decisamente lavorare con clienti in altri paesi.”


JA: “C’è qualcosa che ti piacerebbe davvero progettare?”

AC: “Un’architettura contemporanea nell’antica Roma, ma sarebbe molto diversa dall’Ara Pacis di Richard Meier. Roma merita qualcosa di più profondo di un gioco neoplastico datato.”


JA: “Quali pensi siano alcune delle cose più importanti nella vita che ti ispirano a fare il lavoro che fai?”

AC: “La luce del sole. Quando progetto mi piace pensare di fare l’amore con il sole. Pertanto non posso vivere più a nord del 41º parallelo.”


JA: “Se, per qualche motivo, potessi conservare solo un libro, un film ed una canzone, quali sarebbero?”

AC: “El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes Saavedra, Solyaris di Andrei Tarkovsky, e ‘Michelangelo Antonioni’ di Caetano Veloso.”


JA: “Quale sarebbe la tua seconda scelta di carriera dopo il design?”

AC: “Musicista. La musica è la gemella dell’architettura, la amo e mi ispira ogni giorno, decisamente più dell’architettura contemporanea.”


JA: “Puoi darci la definizione di ‘Essere il migliore’ nel tuo dizionario personale?”

AC: “Avere il coraggio di scoprire noi stessi attraverso gli altri.”

Page 94 of B1 Magazine no. 15

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Fonte

  • Antonino Cardillo, ‘Emotional space’ (pdf), B1 Magazine, n. 15, cur. Jakkrit Angsutti, Bangkok, gen. 2009, pp. 94‑99.