Conferenza
Antonino Cardillo
Questa conferenza è sul tema della coscienza del processo creativo. La coscienza non emerge quasi mai nel momento in cui si crea l’opera, ma soltanto dopo.[1] Credo che ciò sia rilevante per lo sviluppo di un codice che non sia la sola conseguenza delle circostanze. La rappresentazione dell’opera è da sempre un aspetto fondamentale del mio discorso sull’architettura. Presenterò quindi sette immagini dei miei progetti di cui sono anche il fotografo. Queste opere esplorano l’idea di un sacro universale, dove culture e civiltà, antiche e recenti, si riuniscono in singolarità che raccontano di come la Psiche abbia diversificato e proiettato i suoi contenuti nelle diverse ere e nei diversi luoghi del mondo. Pochi giorni fa, ho assegnato a queste immagini dei titoli, che propongono interpretazioni di ciascuna opera.
Il riflesso nel fiume
Il titolo di questa prima immagine potrebbe sembrare errato perché la usuale preposizione ‘su’ è stata sostituita da ‘nel’. Ma questo lapsus potrebbe svelare qualcosa di rilevante per l’architettura. L’architettura è un tipo di percezione della realtà e l’argomento percezione rimanda alla psicologia e alla filosofia. Da giovane, ero spesso preoccupato dal fenomeno della riflessione. Mi chiedevo: se la riflessione accade in prospettiva, e quindi non occupa una posizione a priori nello spazio, essa esiste solamente in ciascuna nostra personale visione? Dando seguito a questo pensiero, la riflessività di una pavimentazione, che non è soltanto una proprietà fisica, potrebbe forse svelarci qualcos’altro? Osservate questa immagine: è l’ingresso dell’opera di architettura Specus Corallii (locuzione latina di ’grotta di corallo’), costruita a Trapani due anni fa. Essa rappresenta due passaggi ad arco allungato che conducono verso un fondale verde, forse un riferimento al mihrab islamico. ‘Nel’ pavimento, accade un riflesso che rivela la presenza di una luce la cui sorgente è nascosta. Questo stato di cose potrebbe riferire al Mito della Caverna di Platone che dice: potrai provare a vedere quel qualcosa la cui fonte non sei ancora capace di comprendere soltanto attraverso il suo riflesso.[2]
Specus Corallii
La grotta e le cose
Il riferimento all’allegoria di Platone continua nell’immagine successiva, che ritrae l’opera di architettura House of Dust ubicata a Roma, vicino alla Villa Borghese. Qui la grotta fa riferimento agli oggetti. L’allegoria di Platone raffigura persone ridotte in catene per avere scambiato per realtà delle ombre proiettate sul muro della grotta da un fuoco magico che proviene dalle loro spalle.[3] Esse vivono nell’illusione che quelle ombre siano la realtà e questa potrebbe ben essere una valida metafora di ciò che sta accadendo nel nostro tempo presente: le persone vivono nell’illusione degli oggetti—dove gli oggetti sono anche persone, gruppi sociali e altre componenti della nostra vita fisica—ed allo stesso tempo gli oggetti conquistano un potere sulle persone. Così, gli oggetti diventano una soggettivazione di una nostra percezione. Subiamo l’illusione che essi siano la nostra realtà. Così, questa immagine potrebbe rivelare una parodia della nostra condizione d’oggi. In essa lo spazio è ritratto come un piccolo teatro o una casa delle bambole, al cui interno vi è una collezione di oggetti: un arco elongato, una maniglia di vetro rosa, un divano rivestito di lana grezza, un tavolo di marmo su tre piedi, una sfera bianca su di un tavolino laccato verde su tre piedi, una lampada verde pendente dal soffitto, un taglio di luce a pavimento, una sedia giapponese degli anni 1970. Il mio approccio quindi è ambiguo: allo stesso tempo raffigura esteticamente e sottende criticità.
Casa della Polvere
I guardiani dell’oro
Quest’immagine rappresenta l’opera di architettura Crepuscular Green ubicata a Roma. Essa fa riferimento alla scena di apertura del Rheingold, parte del dramma in quattro giornate Der Ring di Richard Wagner che include molti contenuti della mitologia dei popoli dell’Europa settentrionale. In quella scena di un alba immersa nel Reno, l’oro rappresenta l’idea della natura primordiale.[4] In questa stanza, le pareti superiori e il soffitto sembrano una caverna d’oro verde. L’altare arcuato sormontato da due trombe nere evoca il ricordo di un ponte su un fiume. Dietro, vi è una porta murata, anch’essa ricoperta d’oro. Nella scena di apertura di Rheingold, le ancelle del Reno proteggono il tesoro della natura; esso esiste al di là del bene e del male, oltre i confini dell’umano. Attraverso questa scena Wagner ha svelato ai moderni i sorprendenti significati mitologici che avvolgono l’anello d’oro, che il senso comune d’oggi vuole rappresentante della fedeltà coniugale: l’oro, allo stato di natura, è libero, protetto dalle ancelle del Reno. Ma il desiderio negato dalle ancelle al nano Alberich, porta alla maledizione dell’amore che piega l’oro in anello. E quell’anello, frutto dell’amore maledetto, conferisce al suo possessore un potere unico sul mondo.[5] L’idea messa in scena da Wagner è che amore e potere sono una coppia di opposti. E per il potere, si maledice l’amore. Tale paradigma riguarda lo stato della disciplina dell’architettura oggi, che si manifesta quale ordinaria conseguenza di successi aziendali. Ma lo spirito dell’architettura proviene dall’anima. Essa ci svela significati lontani, perduti nel passato o nei possibili futuri, fuori dal tempo presente. Così, i Guardiani dell’Oro proteggono questa via che conduce alla porta dell’essenza. Nel tempo che viviamo, l’oro appare legato alla ricchezza e al successo, ma per gli alchimisti d’Europa dell’età di mezzo l’oro rappresentava una metafora dello stadio finale di un processo spirituale: la ricerca della pietra filosofale. Tale processo ci offre una moltitudine di letteratura oscura e altamente metaforica, che dagli osservatori moderni è spesso stata considerata bizzarra o persino senza senso. Ma nella prima metà del XX secolo, Carl Gustav Jung nel libro Psicologia e Alchimia propose che tali contenuti non-logici potessero rappresentare una proiezione inconscia di quelle funzioni psicologiche represse dalla società cristiana di quei tempi.[6]
Verde Crepuscolare
Il sacro erotismo del fallo
Quest’immagine rappresenta la scultura Min, ideata per una mostra temporanea al Sir John Soane’s Museum di Londra. A nord-ovest di Roma, le tombe etrusche di Cerveteri celano, sotto ampie cupole di terra, stanze sepolcrali con lapidi scolpite. Sulle loro superfici sono ricorrenti le forme del sesso dell’inumato: un’arco allungato per gli uomini, un timpano triangolare per le donne. Codesti elementi diventeranno, più tardi, i vocaboli basilari dell’architettura romana, spesso riunificati nell’edicola. Archi e timpani, quindi, potrebbero esser giunti sino a noi non per la validità d’uso (struttura), ma come segni antropomorfi duraturi. Ciò che sappiamo delle cose dell’architettura è derivato delle infinite manipolazioni e dai pregiudizi dei millenni. Spesso si incontrano frammenti di contenuti che suggeriscono che l’erotismo, poi represso durante la storia della civilizzazione, possa essere stato una possibile origine del sacro.
Min al Soane
Il posto della ninfa
Questa immagine ritrae il progetto Colore come una Narrazione per la profumeria Illuminum ubicata a Londra nel distretto di Mayfair. Esso continua l’indagine sulle Immagini Primordiali. Nella società capitalista, le fragranze sono vendute come marchi. Le regole del lettering comandano. Ma le fragranze sono entità sfuggenti e invisibili che riferiscono alla funzione sensoriale. Così, resuscitando lo stato di natura nel centro di Londra, questo spazio di ventisette metri quadrati stimola i sensi attraverso la qualità tattile delle sue pareti grossolane. Al centro, un emiciclo di trentasette vasi di vetro contiene gocce di diverse fragranze. Il luogo della ninfa, predisponendo così alla percezione olfattiva, evoca esperienze mitologiche e il laboratorio alchemico: ciascun vaso agisce come un incantesimo.
Colore come una Narrazione
Il temenos della psiche
Questa immagine rappresenta la sala principale del progetto Specus Corallii in Trapani, di cui la prima immagine della sequenza della conferenza mostrava l’ingresso. Trapani è la mia città natale e il luogo in cui ho scelto di vivere oggi. Questa penisola arcuata, nel passato fu porto di Eryx. Nel Mediterraneo antico, Eryx fu nota per un culto arcaico di cui non conosciamo più il nome. Le sue adepte erano al pari officianti erotiche e sacerdotesse.[7] Erotismo e sacro formavano così una unità e non erano ancora stati differenziati. Il culto fu così pervasivo che sopravvisse sino all’età di mezzo. Di seguito, venne represso e sincretizzato da un culto mariano che sublimò il passato erotico del luogo con l’arrivo di un quadro dal mare.[8] Sono sempre stato affascinato da questa storia che potrebbe essere affine a quella della Montagna di Venere (Venusberg) del dramma Tannhäuser di Richard Wagner. Il culto di Eryx probabilmente si celebrava all’interno di un recinto sacro. Il recinto sacro è una presenza costante del passato. Temenos per i greci e Pairidaēza per i persiani a cui rimanda l’idea semitica del Paradiso. Così, la sala principale del progetto Specus Corallii presenta un recinto regolato in pianta da un rettangolo in sezione d’argento 1+√2. In elevazione, essa appare divisa in due parti da una immaginaria linea d’orizzonte. La parte di sotto evoca l’immaginario dei monumenti delle antiche civiltà (stato di civiltà). Quella di sopra, l’atto erotico della cazzuola dei muratori sul muro (stato di natura). Per Carl Gustav Jung, il temenos è un cerchio magico in cui si può incontrare l’inconscio e dove i contenuti inconsci possano essere portati alla luce della coscienza.[9] Così, questo spazio inverte l’ordine comune delle parti: ciò che convenzionalmente sta sotto è sopra, e ciò che sta sopra è sotto, proponendo un’inversione psicologica.
Specus Corallii
Simboli della trasformazione
Quest’ultima immagine raffigura il progetto di ristorante e bar giapponese-italiano Off Club a Roma. Qui ho cercato di combinare alcuni elementi ricorrenti nei miei progetti precedenti tutti assieme in un codice, dove diversi contenuti si riuniscono in uno spazio simbolico. Il simbolo è spesso confuso per un segno grafico dai moderni occidentali. Ma il simbolo è molto di più: I simboli della trasformazione è un libro seminale di Carl Gustav Jung. Il libro era inizialmente stato chiamato I simboli della libido, con riferimento alla psicoanalisi di Freud. Ma durante gli anni, gli studi di Jung portarono a scoprire l’idea di un inconscio collettivo, argomento inizialmente respinto da Sigmund Freud. Ciò causò la rottura del rapporto con Sigmund Freud.[10] Per sostanza delle cose, questo conflitto potrebbe ricordare la storia della Bauhaus (vedi Johannes Itten e Walter Gropius). In accordo con Platone, l’iper-uranio delle idee e delle forme è prima delle cose del mondo. Oppure, seguendo l’approccio empirico di Carl Jung, le immagini primordiali o archetipi potrebbero essere una conseguenza della storia dell’origine della coscienza, di quella filogenesi di milioni di anni che abita ancora il nostro inconscio collettivo. In accordo con la Psicologia Analitica, questo progetto di architettura prova a dare voce alla cosiddetta ‘ombra’ dell’anima. Come per una magia apotropaica, la rappresentazione sottrae energia al contenuto psichico corrispondente, proiettato in precedenza sull’oggetto.[11] L’architettura moderna spesso propone visioni ideali di un bene comune; piani d’utopia in cui sembra che il male non esista o sia stato definitivamente eradicato. Ma il male, privato di una sua rappresentazione e integrazione con la realtà, ritorna con virulenza seguendo strade imprevedibili, manifestandosi nella vita attraverso azioni collettive e individuali compulsive ed inconsce.
Off Club
Cultura, civiltà, sincronicità
Dopo la presentazione di queste sette interpretazioni delle mie opere, posso adesso introdurre l’argomento principale della lezione: perché culture e civiltà? La lingua inglese, e il francese da cui deriva, sembra assegnare oggi alla parola cultura quasi lo stesso significato di quello di civiltà. Questo non accade nelle lingue italiane e tedesche. Trovo questo cambiamento linguistico abbastanza interessante per capire la prospettiva inglese prevalente del mondo di oggi in cui ancora viviamo. Secondo Thomas Mann,[12] la parola cultura riferisce a quei fenomeni irregolari e controversi ben presentati da molte storie mitologiche. Essi sembrano agire contro la legge e sono spesso percepiti come una pericolosa minaccia per la società civile. Al contrario, la civiltà riferisce al fenomeno di una società positiva, che si esprime attraverso un ordine e una legge condivisa. Entrambi i fenomeni, formano una coppia di opposti ricorrenti nelle storie dell’uomini, come per esempio il conflitto tra Medea e Giasone. Carl Gustav Jung ha proposto che un possibile equilibrio tra cultura e civiltà possa essere la via maestra per il raggiungimento della consapevolezza del sé.[13] Attualmente viviamo un tempo in cui la civiltà ha preso il sopravvento. Il nostro ambiente civilizzato reprime costantemente i nostri istinti più profondi. Il nostro ambiente urbanizzato, sia nello spazio fisico che digitale, scarseggia di cultura. E qui serve il chiarimento: diversamente dall’uso comune e revisionato della parola, il fenomeno culturale non è l’esperienza del museo o del concerto (che sono ancora una volta fenomeni di civiltà). Provo a spiegare con un esempio: la vita radicale di Richard Wagner è stata un fenomeno culturale; ma i suoi drammi rappresentati oggi a teatro, sono un fenomeno di civiltà.
Attraverso le sette immagini qui presentate, ho provato a raccogliere in un tempo singolare molti significati problematici del passato, provando a ricomporre parti della nostra Psiche disperse e frammentate dall’utilitarismo dei tempi moderni. Il fine ultimo del mio lavoro di progettista è quindi quello di stimolare la funzione intuitiva, provando a riflettere sull’architettura il fondo ignoto della nostra anima.
Note
- ^ Carl Gustav Jung, ‘Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche’ [1947/1954], Opere, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino, 1976, p. 231.
- ^ Platone, La Repubblica, libro VII, c. 375 AC, 516a.
- ^ Ibid., 514a.
- ^ Richard Wagner, Der Ring des Nibelungen [1869], vol. 2, tr. Franco Serpa, Teatro alla Scala, Milano, 2013, p. 6.
- ^ Ibid., p. 16.
- ^ Carl Gustav Jung, Psicologia e Alchimia [1944], Bollati Boringhieri, Torino, 2006, p. 27.
- ^ Vincenzo Adragna, Erice, Coppola Editore, Trapani, 1986, pp. 10‑11.
- ^ Ibid., p. 27.
- ^ Carl Gustav Jung, 2006, op. cit., pp. 57, 142.
- ^ Sigmund Freud, Carl Gustav Jung, Lettere tra Freud e Jung [1906–1913], Torino, 1990, 330J.
- ^ Op. cit., Carl Gustav Jung, Psicologia e religione [1938–1940], Opere, vol. 11, Bollati Boringhieri, Torino, 1979, pp. 82‑84.
- ^ Thomas Mann, Considerazioni di un Impolitico [1918], Adelphi, Milano, 1997, pp. 73‑86.
- ^ Carl Gustav Jung, Tipi Psicologici [1921], Bollati Boringhieri, Torino, 2011, p. 308.