Conferenza
Antonino Cardillo
Circa dieci anni fa, decisi di iniziare un nuovo capitolo della mia vita. Mi trasferii a Roma e trascorsi nove anni lì, immerso nello studio dell’architettura antica. Ricercavo una comprensione più profonda, un’alternativa alla pratica dell’architettura contemporanea.
L’opera qui presentata si chiama Casa della Polvere (House of Dust) e riguarda la ristrutturazione di un appartamento al quinto piano di un edificio di fine Ottocento a Roma, nel Quartiere Ludovisi. La scala è qui metaforica, con numerosi strati di significato e storie nascosti. Ogni strato riflette le mie esperienze a Roma, la conoscenza acquisita dalla città e le emozioni incontrate lungo il percorso. Costruire quest’opera è stato speciale perché mi ha permesso di esprimere le mie idee, in una sintesi di informazioni diverse e apparentemente fuori dalle mode. Quest’opera presenta quindi una ricchezza di informazioni: alcune rivelate, altre nascoste, altre ancora completamente celate.
Nell’architettura moderna e contemporanea, c’è una tendenza a rivelare tutto, sovraesponendo gli spazi ed eliminando così la possibilità per i fruitori di interpretarli. Ho trovato affascinante scoprire le diverse interpretazioni emerse dal proprietario e dai visitatori durante le visite a questa casa. Ogni persona aveva una prospettiva unica e una diversa interpretazione dell’architettura. Il mio obiettivo era proprio questo: creare uno spazio in miniatura che permettesse l’interpretazione.
Lo spazio è progettato come una sceneggiatura. L’esperienza dello spazio non può essere compresa dalle fotografie; l’aspetto più importante del progetto è come si raggiunge lo spazio stesso. Il progetto esplora anche l’idea del futuro, suggerendo l’imprevedibilità. In certi punti, viene introdotto il momento di drammatizzazione, che credo sia una possibile alternativa al modello della casa di cristallo (glass house), dove tutto è supposto e prevedibile, e nessuna emozione è possibile.
Al contrario, questa casa presenta molte false porte e un grande passaggio segreto (priest-hole), ispirati ai videogiochi e ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Alice si trova in una sala con molte porte chiuse e trova una soluzione alternativa per uscire. Questa soluzione alternativa è proposta anche nell’ingresso di questa casa: una parete mobile costruita come porta a bilico. Un elemento ricorrente dello stile minimalista che, per la sua precisa collocazione nello spazio-tempo del progetto, rivela una nuova percezione.
Nella sua interezza, lo spazio delle stanze del giorno della casa presenta sei porte ad arco allungato disposte in sequenza su diversi piani: due, tre e uno. Anche se sono uguali tra loro, le loro diverse posizioni creano una prospettiva d’insieme destabilizzante. Solo uno di questi archi conduce alle stanze della notte, i luoghi dell’intimità. Gli altri nascondono un guardaroba, una lavatrice, una caldaia, un frigorifero, una credenza e altri dispositivi tecnici. Quando le persone fruiscono la casa, spesso aprono le diverse aperture e vi trovano vari oggetti. A un certo punto, trovano la porta con la maniglia di vetro rosa e si ritrovano in uno spazio completamente diverso.
Le stanze del giorno sono dipinte in marrone. In persiano, la polvere è chiamata ‘khāk’, termine usato per identificare il suolo. Ho cercato di avvicinarmi al colore del khaki persiano. Le stanze del giorno, che sono anche gli spazi pubblici della casa, riflettono l’idea della caverna e del rifugio, richiamando gli inizi dell’architettura e il Rinascimento, evocando le esplorazioni del sottosuolo di Roma antica da parte dei grandi pittori di quel periodo. La riscoperta del classico avvenne attraverso l’esplorazione delle rovine sepolte, rivelando spazi magici e inaspettati, governati da leggi decorative diverse dalla sensibilità medievale. Il termine ‘grottesca’ deriva proprio da queste esplorazioni sotterranee. Questo tema si concretizza nell’aspetto più importante di queste stanze del giorno: la volta, che definisce anche il nome del progetto e fa riferimento alla polvere. Le superfici del soffitto e delle pareti alte sono rivestite di un intonaco rustico che raccoglie la polvere, solitamente associato alla preoccupazione di sporco e degrado.
Questa mia ricerca sull’uso di tale intonaco in una casa borghese è stata resa possibile da un saggio committente [Massimiliano Beffa] che comprese, nonostante una breve resistenza iniziale, la direzione culturale del mio progetto. L’uso della polvere nel progetto era cruciale per discutere un’alternativa alla modernità. La polvere rappresenta l’opposto del moderno, il cui intento principale è la creazione di spazi sanificati, chiari e ordinati. Le case bianche e pulite e le ampie finestre di vetro furono anche l’esito di tentativi di curare le malattie del corpo. Tuttavia, questo approccio porta a un grave problema psicologico, poiché rimuove la profonda connessione che lega l’individuo al suo ambiente.
L’ossessione di esporre ogni cosa può portare a esperienze superficiali, inibendo la naturale attitudine umana di trovare significato in ciò che è nascosto (eros). Questo progetto enfatizza l’importanza della polvere e del suo ruolo nell’architettura, sfidando l’approccio moderno degli spazi puliti ed esposti ed esaltando invece la ricchezza di spazi stratificati e interpretati. La polvere non è solo un ricordo; evoca un senso di tattilità e forma influenzato dall’atmosferico. Inoltre, il concetto di polvere diventa una metafora del viaggio. Il viaggio coinvolge la polvere e parla del tempo: è il sedimento che si deposita sulla pelle attraversando una strada, polvere che proviene dalla terra e che rende la pelle stanca dal viaggio.
Ma, allo stesso tempo, come ho accennato in precedenza, si trova anche un altro spazio della casa dove tutto è setoso. Questa casa contiene riferimenti opposti, esprimendo un atteggiamento dualistico verso l’informazione e nei colori delle pareti. Ci sono due colori principali: il marrone e il rosa. Il marrone, colore primordiale, rappresenta il suolo e domina lo spazio pubblico delle stanze del giorno. Il rosa, invece, si trova nelle stanze della notte dello spazio privato perché è il colore dei fiori e della pelle. Questi due colori, sebbene vicini nella tonalità, sono completamente diversi secondo una prospettiva antropologica. Il rosa è associato all’effimero e alla fugacità della bellezza. Si riferisce anche alla pelle che è bella ma transitoria. È interessante notare che il termine ‘pink’ è emerso nella lingua inglese solo nel XVII secolo. Il marrone, invece, è relativamente eterno, un colore che possiede la vita duratura della terra. Così, la transizione dallo spazio marrone allo spazio rosa rispecchia il viaggio metaforico dell’uomo, riflettendo un’esperienza estetica della vita.
Questo approccio dualistico è illustrato anche nelle forme dell’architettura. L’arco, ispirato ai dipinti religiosi del Trecento italiano, fa riferimento a temi sessuali poiché ricorda un grande fallo. Ma c’è più di una contraddizione qui: il fallo è associato alla presenza, eppure, quando la porta è aperta, in questo spazio diventa un’assenza. Inoltre, tradizionalmente, un muro rustico dovrebbe stare sotto un muro liscio. In quest’opera, però, ho sovvertito questo ordine convenzionale, celebrando nella volta il suolo invece del cielo. Questa celebrazione comporta il riconoscimento dell’importanza della polvere e delle origini dell’architettura. La misura di questa celebrazione si basa sulla proporzione aurea. Dividendo le superfici verticali attraverso questo ordine classico, ho creato un’insolita inversione tra il cielo e il suolo rispetto ai palazzi e alle ville antiche, dove la volta presenta decorazioni celesti con angeli.
L’architettura riguarda più la sceneggiatura che le singole cose. È come la storia in un romanzo dove il discorso è fondamentale. L’intonaco rustico può essere trovato ovunque nel mondo. Anche a Londra, molti sobborghi hanno case con intonaco rustico. Le bocche d’aria a fessura, poste sui varchi che alludono a una trabeazione classica, sono ottenute attraverso un prodotto industriale comune. L’assemblaggio delle tre parti in forma di un grande trilite, che evoca lo schema di un paio di natiche e suggerisce il piacere della penetrazione nello stretto spazio del saccello nascosto della cucina, è anch’esso un sistema semplice. Il tavolato di assi di legno, reagendo diversamente alla luce rispetto al cemento del pavimento tutt’attorno, dà l’impressione di essere quasi sospeso (tappeto volante), un riferimento alla novella araba di Aladdin e la Lampada Magica. Ancora una volta, nonostante la relativa semplicità degli interventi, il risultato finale evoca emozioni intense e gli aspetti antropologici sono evocati attraverso la gestione di elementi ordinari.
Un altro aspetto della casa è l’impressione di simmetria. In realtà, la disposizione è piena di asimmetrie dovute all’interazione di diversi sottosistemi, a loro volta simmetrici. A esempio, a causa di uno spostamento leggero della stanza, le due finestre del salone verso la strada non sono simmetriche rispetto al centro della stanza. Questa collocazione scomoda assume, però, un diverso significato attraverso la definizione di un asse di simmetria, marcato da una vistosa fessura che separa le due serie di tavolati al centro del tappeto di legno, che diventa così il nuovo coordinatore dello spazio.
Sul lato opposto della stanza, il varco dell’ingresso appare scavato nel basamento e ne spezza la continuità estesa per tutta la stanza, individuando un possibile centro. Al suo interno, continuando l’asse di simmetria individuato dal tappeto di legno, una linea di luce a pavimento indica l’arco destro fondale della cucina, individuando un secondo centro. Questa ambivalenza tra due sistemi di simmetria arricchisce l’arrangiamento, facendo sì che l’immagine possieda due centri. Infine, la posizione del passaggio che conduce alle stanze della notte suggeriva un trattamento delicato per costruire una visione simmetrica della sala, necessitando di stabilizzarne la presenza in modo gentile. Stabilire relazioni complesse tra le diverse situazioni precedenti era cruciale, poiché ogni spostamento era limitato dai confini della proprietà dell’appartamento.
Era un tardo pomeriggio, mi sedetti sul divano di lana grigia visibile nella foto. Guardando fuori verso la città, con la luce che sfumava lentamente, notai per la prima volta una serie di archi allungati su un campanile, perfettamente incorniciati dalla finestra di sinistra. Fu un momento rivelatore: quegli stessi archi erano presenti nella Casa della Polvere, segni di un passato che finalmente riemergeva, carico di memoria e significato.
Antonino Cardillo, Casa della Polvere, conferenza parte di ‘Unità Intermedia 2’, New Soft Room, AA School, 36 Bedford Square, Londra. Fotografia: Marco Ponzianelli
Lista Eventi di AA School: Termine 1, Settimana 8, lunedì 18–sabato 23 novembre 2013, AA Weekly.